domenica 20 luglio 2025

I social nuocciono gravemente a sacerdoti e fedeli? Ulteriore risposta a padre Giorgio Maria Faré




Sono debitrice di una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché nella sua live del 16 luglio intitolata "Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!" mi ha tirata in ballo trascinandomi nell'ennesima alluvionale campagna di denigrazione a mezzo video che dal 12 maggio scorso, un po' chiamandolo per nome e un po' appellandolo con il termine impersonale di "qualcuno", egli sta dedicando con frequenza e minutaggio impressionanti ad Andrea Cionci. 

Parlerò più avanti del carattere estremamente tossico di questa campagna, visto che possiedo i titoli e la competenza professionale di psicologa ed esperta in comunicazione per farlo.
Sbrigo quindi velocemente la pratica che dimostrerà infondate, pretestuose e totalmente da rigettare le accuse che mi vengono mosse nel suddetto video e mi dedicherò piuttosto più approfonditamente ad un'analisi delle dinamiche che emergono da episodi come questi.
 
Nella prima citazione dedicatami padre Giorgio mi rimprovera aspramente per una frase del mio recente articolo "Hic Sunt Leones (un po' troppi)" dove, secondo lui, l'avrei citato impropriamente associandolo agli altri Leoni dei quali parlo nel testo e intimandomi pertanto di non citarlo più "fuori contesto", non essendo io autorizzata a farlo. Ah, invece fare insinuazioni di disonestà intellettuale su altre persone non richiede l'autorizzazione da parte degli interessati? Rimandandovi all'articolo completo nel caso foste interessati a leggerlo, riporto qui la citazione incriminata:

"[...] il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici [...]

Padre, io che non ho affatto "dimenticato Bologna", conservo una felpa, una maglietta e una sciarpa con raffigurati l'emblema del Leone che campeggia alle sue spalle durante le sue live e il motto della sua omelia del 16 ottobre: "Non consegnerò il Leone".  Mi scuso se ho volgarmente pensato trattarsi di merchandising, visto che tali oggetti erano posti a disposizione dei partecipanti al convegno. Prendo quindi atto che lei non ha mai voluto sfruttare l'immagine del Leone - che io per altro correttamente avevo associato a Cristo - anche se poi stranamente arriva a rivendicarne una sorta di primogenitura accusando me e Andrea Cionci di essere "invidiosi" di tale primato. Padre, davvero, io sono basita.

La seconda citazione di padre Giorgio riguarda una pura congettura ma piuttosto malevola che coinvolge non solo me ma Andrea Cionci e l'amico Arturo Ferrara di "Altrementi", secondo la quale non avremmo più realizzato un'intervista a don Cornet già programmata, insinuando che lo si sia fatto con malizia. Nei giorni del conclave, io, il dott. Cionci e don Fernando Cornet partecipammo ad una prima trasmissione invitati da Arturo Ferrara. Era previsto che don Cornet partecipasse anche alle successive trasmissioni - in tutto furono tre, se non sbaglio - ma ricordo bene che don Cornet, come confermatomi da Arturo Ferrara, declinò gli inviti successivi per suoi impegni, rimandando la disponibilità ad altra futura occasione. 

Don Cornet sa che gli ho sempre rinnovato l'invito a partecipare alle mie trasmissioni. Anche perché io sono stata la prima in Italia ad avere l'onore di dargli voce, dedicandogli due interviste sull'Orizzonte degli Eventi che furono poi riprese sul canale di Andrea Cionci, proprio per amplificarne al massimo la copertura, visto che il mainstream, che il dott. Cionci tentò di interessare alla questione prima che le interviste venissero pubblicate, ignorò completamente il caso di un sacerdote scomunicato solo per aver scritto un libro. Esistono quindi giornalisti e giornalisti.
Il mio affetto per don Cornet non è mai cessato e se i rapporti si sono in qualche modo raffreddati a me dispiace ma penso che chi ha messo gli uni contro gli altri in questa situazione sia stato proprio chi sta accusando me, Cionci e Ferrara di averlo fatto. Un caso di scuola di proiezione e triangolazione, come dirò in seguito.
Aggiungo che anche padre Giorgio è stato da me invitato fin dal dopo 13 ottobre sul mio canale ma che l'intervista fu sempre rimandata perché lui mi spiegò che preferiva prima realizzare interviste su canali esteri, come il John-Henry Westen Show

Ecco, per quanto riguarda me personalmente la risposta finisce qui ma dato che padre Giorgio al minuto 1:45:45 del video "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci" del 12 maggio, che è stata la Pearl Harbor di questa guerra mediatica, dice: "Di fronte a affermazioni pubbliche bisogna essere disponibili a osservazioni pubbliche soprattutto quando va di mezzo la salus animarum", occupandomi della salute delle menti è mio dovere pronunciarmi sul carattere tossico dell'utilizzo dei social a scopo denigratorio, che alla fine si configura come esercizio di violenza psicologica non meno grave di quella esercitato di persona. Anzi, ancora più grave perché agita di fronte ad una platea potenzialmente sconfinata di spettatori.

Torno quindi alle campagna che ha preso di mira Andrea Cionci e che si sta svolgendo sul canale Veritatem in facientes caritate. 
Padre Giorgio, in un mio precedente articolo-risposta a lei dedicato dopo Pearl Harbor, avevo già accennato al "disagio provato nei confronti di ciò che mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata." 
Ecco, il carattere inquisitorio del processo si è poi confermato nel corso delle ultime settimane, essendo esso arrivato ad una durata complessiva di più di 13 ore e minacciando di proseguire ad oltranza, come lei ha già annunciato.

Ogni nuova udienza di questo processo sta cominciando a scandalizzare non più solo me ma sempre più persone, per il fatto che queste live sembrano catechesi ma poi all'ascolto si rivelano tutt'altro, ovvero una continua imbarazzante denigrazione ad personam, apparentemente giustificata da motivazioni di correzione dottrinale su questioni di fede, le quali però non dovrebbero di certo concretizzarsi in una forma di pubblica denigrazione
Questa dissonanza cognitiva acuisce il senso di scandalo, di turbamento per chi le ascolta, che deve pure sentire chi le pronuncia rimproverare il destinatario che preferisce non farlo. O dovrebbe egli  masochisticamente utilizzare le sue live come cilicio virtuale? 

Chiunque di noi appaia su uno schermo diventa automaticamente parte della società dello spettacolo e in preda al rischio costante del situazionismo più estremo; ed essendo questa società ormai posseduta dal Male, lo schermo del computer o televisivo assume la stessa funzione dello specchio di potersi trasformare in portale, lasciando entrare nella nostra esistenza, nella nostra mente e nella nostra anima, oltre a quelle benevole, ogni tipo di influenze malevole. La tastiera del computer può trasformarsi nella tavola Ouija, se creiamo le condizioni per l'evocazione di dinamiche tossiche di relazione sociale nelle quali le entità diaboliche trovano il loro nutrimento. Le ammonizioni di padre Amorth in questo senso furono sempre profetiche.

A causa del noto nefasto periodo del domicilio coatto punitivo i  rapporti umani sono inevitabilmente migrati sempre di più dalla vita reale a quella virtuale e in particolar modo sui social, con conseguenze che potrebbero essere state devastanti, visto il proliferare di tutti i fenomeni psicopatologici legati all'interazione a distanza ed all'isolamento, soprattutto quelli passivo-aggressivi di tipo narcisistico. 
Le tre fasi dell'abuso narcisistico sono sempre più riconoscibili anche nelle relazioni sui social: bombardamento d'amore per catturare la preda, seguito da denigrazione (gaslighting) e isolamento della preda dai suoi amici (triangolazione), scarto della preda dopo averla distrutta psicologicamente (depersonalizzazione). 
Siamo diventati nostro malgrado tutti potenziali manipolatori e manipolati da tecniche utilizzate anche nella tortura, nate per piegare la volontà non già delle svenevoli signorine strette nel busto ma degli uomini più forti e resistenti per soggiogarli nella dittatura della disumanizzazione.

La Rete - che non è quella di Pietro - ci fa regredire a fasi precristiane di comportamento. I rapporti sociali vengono ricostruiti in rete sullo schema di piccoli gruppi a carattere tribale e a me questo scegliere una vittima da immolare per essere sbranata in gruppo ricorda i rituali pagani di sacrificio. Sacrifici mimati ma le cui conseguenze si avvertono fisicamente e moralmente come vere ferite nella carne. Siamo cristiani o aztechi o druidi? 
Perché il problema non è solo chi guida il gruppo ma coloro che assistono, commentano, infieriscono, partecipano al pasto sentendosi approvati ed autorizzati a farlo dal capo. Anzi, mettendosi in luce di fronte al capo per perfidia e violenza, in questo caso verbale, per evitare di diventare essi stessi vittime, sperando che il capo li premi con la grazia della sua benevolenza. 
Ancora una volta si riscontra lo schema del narcisismo nel quale gli attori di queste dinamiche di gruppo vengono definite "scimmie volanti", con un riferimento alla fiaba del "Mago di Oz".

Padre Giorgio, li ha letti i commenti che i suoi fedeli mi hanno dedicato in chat mentre lei mi rimproverava? Per non parlare di quelli che riservano all'imputato durante le udienze del processo. Le donne come sempre possono essere le peggiori e non è un caso. Soprattutto i commenti non differiscono da quelli che si leggono sui canali di altri sacerdoti definiti settari. Sono identici. Stesse tecniche, stesse modalità, stessa ferocia che mi chiedo da dove derivino, visto che, spento il computer, oscurato lo specchio, chi le mette in pratica ritorna come se niente fosse a pregare e a considerarsi un buon cristiano, anzi migliore di coloro che non sbandierano ai quattro venti la loro fede ma la conservano pudicamente nel loro foro interno.

E' dal periodo oscuro della virologocrazia che anche i rapporti tra fedeli e sacerdoti sono ormai migrati sulla Rete e forse occorrerebbe una pausa di riflessione sulle conseguenze che ciò ha avuto nel dilagare di fenomeni che di cristiano hanno ben poco. E' forse necessario essere laici per accorgersene?
Il momento in cui la Chiesa si prestò come volonterosa crocerossina addetta alla disinfezione del corpo di Cristo fu purtroppo decisivo come punto di non ritorno dalla barbarie del non essersi opposti, dell'aver ceduto e non aver protetto i fedeli. E questo per la solita paura delle conseguenze e per la tendenza al solito troncare e sopire.
Come non si può dimenticare la limitazione della propria libertà civile, da cristiani non si può soprassedere sulla chiusura delle chiese, sull'isolamento degli infermi privati dei conforti religiosi perfino in fine vita e sulla dispensa di fatto dal precetto domenicale e dagli altri sacramenti sospesi dalla fine di febbraio al 18 maggio 2020 ma con il ritorno alla piena normalità liturgica solo due anni dopo. Senza contare l'aver imposto il distanziamento sociale nel luogo in cui anticamente si accoglievano gli appestati e i perseguitati di ogni sorta. 
Questi misfatti pesano sulla Chiesa più ancora che sulla classe politica e non sono ancora stati da essa riconosciuti come la sottomissione al male che rappresentarono. Per cui tutto questo giudicare in punta di fioretto i laici della pagliuzza senza aver fatto ammenda della trave risulta ancora una volta scandaloso alle orecchie dei piccoli.

L'effetto del lento avvelenamento mercuriale dell'inganno nato dal commissum non rivelato apertamente da chi di dovere ha fatto maturare la sfiducia nei confronti dell'Istituzione: non palese ma percepita inconsciamente, a livello subliminale, dalla generalità dei fedeli e ahimè dai sacerdoti, ed è la cosa più devastante che il misfatto del 2005 e poi il colpo di stato del 2013 ci hanno lasciato.  Un macigno ciclopico che solo una volontà e forza leonine potranno rimuovere dal cammino verso la riconciliazione. 
Quella che Leone XIV ha ricevuto in eredità è una Chiesa frammentata, dispersa, in preda al nichilismo e all'anarchia, dove vige la stessa indisciplina di quelle classi scolastiche rette da professori troppo timorosi e incapaci di farsi valere con l'autorevolezza e dove, in un Colosseo invertito, i cristiani sbranano i leoni che pur lottano per essi. Temo che i dodici anni di bergoglianesimo abbiano letteralmente macinato in un tritacarne gnostico la fede ma anche la psiche dei sacerdoti i quali, privati anch'essi del katéchon, quel katéchon che ancora non si fa sentire e non palesa chiaramente il suo ritorno, se avvenuto, sembrano tormentati dalle lusinghe della fama, della popolarità e dei demoni del narcisismo, dimenticando il dovere dell'empatia, che non è il buonismo fasullo del todos todos, ma l'amore per il prossimo di Cristo. Io non voglio che venga fatto al mio prossimo ciò che non vorrei che fosse fatto a me, per ciò devo intervenire.

L'empatia per giunta non è un'esclusiva dei cristiani. La cultura giapponese, che attribuisce al rispetto degli altrui sentimenti e valori un'importanza fondamentale, stabilisce che sia riprovevole gioire troppo evidentemente alla presenza di estranei, perché tra questi potrebbe esserci qualcuno che in quel momento sta soffrendo per qualsiasi motivo, fisico o morale, e la nostra gioia potrebbe acuire la sua sofferenza. Non è il wokismo del "mi sento offeso" ma empatia e rispetto, espressi in punte di raffinatezza a noi decisamente sconosciute e che forse la contaminazione occidentale di quel nobile popolo sta provvedendo a smantellare come da noi viene fatto per ogni retaggio di civiltà classica.

Per fortuna però, allontanandosi dallo specchio delle nostre brame, si riesce ancora a stabilire dei rapporti sani con persone reali che conservano gelosamente la normalità nei propri comportamenti e che la rete ha solo permesso che si mettessero in contatto. Persone per le quali esistono dei valori non negoziabili come l'amicizia, che non è solo la disponibilità per la mangiata e la festa ma il sostegno, la difesa e la lealtà in ogni momento, soprattutto in quelli difficili come quelli che stiamo vivendo. 


"Ci sono persone che si dedicano alla coltivazione dei fiori solo per poterne strappare i petali."
Yukio Mishima



LE FONTI

"Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!"   dal min. 1:10:23 al min. 1:13:33 e dal min. 1:45:24 al min. 1:47:17.





martedì 1 luglio 2025

HIC SUNT LEONES (UN PO' TROPPI)


Ho ritrovato per caso, nella versione letta e commentata da Andrea Cionci sul suo canale, un mio vecchio articolo del dicembre scorso contenente un ritrattino del cattolicesimo romano che ritengo essere ancora molto attuale. 
Ciò che notavo allora era una situazione di caos pressoché totale. Cito: 
"Una Babele abitata da para-gnostici, dove ognuno si sente ormai libero di esprimere la propria carica eretica e creatività scismatica [...] e la disobbedienza al Papa è il prerequisito per una gigantesca transizione di genere verso la gnosi, comprendente  l'individuazione di un "demiurgo malvagio" che, nel caso dei tradizionalisti, è sempre il papa precedente."
Un quadro drammatico che però rientrava benissimo nella logica dell'antipapato dissolutorio bergogliano. Ora però Jorge Mario Bergoglio non è più e formalmente abbiamo Leone XIV, pontefice in formazione, destinato a diventare stella luminosa, se Papa, o pianetino spento, se ennesimo antipapa. 
In attesa di dirimere la questione della legittimità, occorrerebbe riservare comunque a Leone XIV rispetto, se non altro - lo ribadisco - per non doversi amaramente pentire un domani di aver rinnegato il vero Vicario di Cristo, mentre si può sempre essere  giustificati del fatto di essere stati tratti in inganno in buona fede da un antipapa. 
E invece il trauma Bergoglio - che agisca in maniera cosciente o meno in chi lo vive - sta facendo sì che non solo non si obbedisca ai papi precedenti ma non si riesca più a riconoscere ed obbedire ad alcun papa che ci venga presentato, vero o illegittimo che sia, per una forma di neo-antipapismo di matrice protestante di cui forse non ci rendiamo ancora conto. Se questa tendenza dovesse prendere piede e consolidarsi, sarebbe un colpo fatale assestato al cuore della Chiesa cattolica, e chi orchestrò il colpo di stato del 2013 lo sapeva assai bene.

Sicuramente Leone XIV è percepito come papa legittimo dalla stragrande maggioranza dei cattolici, quella che di solito non si fa domande, ma noto che tra coloro che  in questi anni hanno vissuto più da vicino il travaglio dell'antipapato, Leone viene percepito come falso a prescindere, in automatico antipapa perché successore di antipapa e indegno di credito e fiducia per una sorta di pregiudizio in radice. Paradossalmente in questi primi cinquanta giorni egli viene trattato con severità assai maggiore di quella riservata a Bergoglio nei tredici anni del suo semiregno. 

La mancanza di rispetto e di riconoscimento dell'autorità papale in sé, come istituzione, a volte assume toni inquietanti, come mostrano le immagini del tizio che, dopo averlo ben mirato, ha scagliato un orsacchiotto in testa a Prevost, spostandogli la papalina, mentre la sicurezza inseguiva le farfalle in una piazza dove,  anni fa, ad un Papa fu sparato da distanza ravvicinata. Dopo l'imprudenza del biscottino accettato dalla mano di un bimbo innocente, Papa Leone è un po' troppo in balia dell'anarchia che sembra regnare in Vaticano, per lo meno riguardo alla sicurezza personale del suo primo cittadino. Anche questa è disobbedienza al Papa, come quando un professore troppo mite viene deriso e sbertucciato da una classe di monelli ingestibili. 
E' ora che Leone sfugga al safari organizzato a suo danno, riprenda in mano la situazione finché è in tempo ed inizi ad assestare qualche bella zampata per marcare finalmente il territorio rivelandoci al più presto la verità sulla sua elezione e riconoscendo al contempo il sacrificio di Benedetto XVI. Permanendo l'incertezza, pur con tutte le migliori intenzioni, non sarà mai rispettato come si conviene al Papa.

Un altro fenomeno di questi giorni è la proliferazione dei "Leoni", dei Doppelgänger del Leone Re che stanno francamente tramutando il mondo in una savana. Donald Trump raffigurato come un leone, Israele identificato con il leone e via ruggendo. 
In ambito cattolico se  ne possono identificare almeno tre: oltre al Leone papa Prevost e il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici - da ieri si è aggiunto il Leone di Maria, mutazione finale di don Alessandro Maria Minutella nel Grande Prelato delle profezie. 

Dopo essersi a lungo negato alla tentazione dell'autoinvestitura ed aver assicurato che mai lo avrebbe fatto a chi fin troppo generosamente gli ha fatto credito per anni offrendogli una fiducia rivelatasi poi mal riposta e restituita in interessi di irriconoscenza e malanimo, ieri in quel di Monza lo sventurato rispose "alla volontà dei fedeli" e si è  fatto "riconoscere Grande Prelato dai confratelli, i quali ora dovranno considerarlo come unica guida indicata da niente meno che Dio stesso. 
Dispiace come per tutte le occasioni mancate della Storia - i suoi libri sono teologicamente ben scritti - ma diciamo che dopo una lunga ed estenuante lotta tra personalità, il Grande Prelato ieri ha preso definitivamente il sopravvento su don Alessandro. 

Difficile ipotizzare la reazione della Santa Sede ad una manifestazione che è iniziata con un attacco frontale all'autorità di Leone XIV, definito "papa artificiale" di una falsa chiesa di Satana, per finire con l'apoteosi autoreferenziale di qualcuno che fu già scomunicato due volte, seppure da un antipapa; la sobrietà dei raduni del Piccolo Resto non attira certamente l'attenzione mediatica come la pacchianeria degli ori e stucchi palmariani ma in ogni caso il fai da te cattolico del crearsi le proprie chiese, ovunque si manifesti, necessiterebbe urgentemente di una seria regolamentazione, prima che gli ultimi lapilli dell'eruzione bergogliana strinino il pelo ai leoni e li tramutino in statue di lava non più in grado di ruggire unicamente in nome di Cristo.

domenica 22 giugno 2025

IN DUBIO PRO LEO



Una premessa di carattere generale. Il marchio indelebile dei nostri tempi ultimi è il tradimento in tutte le sue forme, sia nei rapporti interpersonali che nella relazione tra cittadini ed istituzioni e al suo massimo livello nel rapporto tra Stato e politica. 
Restare fedeli agli ideali, ad una linea e gli uni agli altri; essere leali ad amici e sodali combattenti per la medesima causa è la nuova prova d'onore e direi di santità che pochissimi riescono a superare mentre camminano a piedi nudi ferendosi sui frantumi accuminati delle maschere che cadono al minimo soffio del vento generato dalla verità.  
Giuda appare trionfante sui megaschermi di Babilonia mentre Cristo viene tradotto dal Getsemani al carcere di Pilato, perché i miserabili sceneggiatori del presente vorrebbero riscrivere la storia del sacrificio cristico facendo scorrere i titoli di coda sul Dio sconfitto anche grazie ad apostoli addormentati e in confusione, comunque incapaci di opporsi ad un potere malvagio che in quel momento sta prevalendo. The End.

Vengo ora alla questione. E' la Cristianità intesa come civiltà, cultura e tradizione ad essere stata tradita e  fatta prigioniera in quel suo lontano undici più settembre che febbraio, e la sede impedita di Benedetto XVI, ultimo papa sicuramente legittimo, è stata la vera profezia sul futuro, l'avvertimento che si è voluto ignorare, la metafora che non si è voluta cogliere e ancora oggi si rinnega, isolando e irridendo chi ce l'ha poi rivelata.
Sono state brave le sirene a confondere con il loro canto ingannevole fedeli, intellettuali e sacerdoti convinti di poter passare indenni con la barca di Pietro tra Papato e Antipapato, perché le ossa di costoro biancheggiano ora sugli scogli. 

Il Vaticano è come un piccolo regno circondato da eserciti nemici ed altri solo apparentemente amici i quali, anche non volendo essere a tutti i costi apocalittici, sembrano proprio quelli di Gog e Magog. Anche gli anticristi si sprecano. Come in un libro giallo dove ad ogni pagina compare un possibile sospetto ma mai pienamente convincente perché provvisto di alibi nel capitolo successivo, dovremo attendere di leggere le ultime pagine per scoprire chi sia il vero colpevole.
Sempre ovviamente che questa sia davvero l'Apocalisse giovannea e non qualcosa che ne rappresenta solo un'ottima imitazione, una simulazione o esercitazione di quelle che di solito però precedono veri attentati, pandemie, catastrofi e guerre.

Nell'ipotesi che sia veramente Leone XIV o che sia antipapa Leone, è innegabile che in ogni caso Francis Prevost sia stato investito del compito di gestire la Chiesa in un momento terribile, forse il più terribile, in quel senso di apocalittica resa dei conti che stiamo vivendo e all'insegna di quel tradimento e inganno che fa saltare ogni regola di reciproca lealtà. 
Tra le sfide più importanti e pericolose di Leone XIV credo vi sia quello di mantenere ben distinto lo spirito cristiano cattolico da quello evangelico apocalittico che sta andando allegramente verso l'Armageddon con la stessa sconsiderata scelleratezza con la quale un bambino smarrito si lascia prendere per mano dal losco figuro che, con una caramella, gli ha promesso di riportarlo da mammina che lo sta aspettando.  Leone è chiamato a difendere il cattolicesimo da uno stravolgimento del messaggio cristico ancora più pericoloso e fuorviante di quello della Riforma, in quanto matrimonio contronatura tra opposti, tra vittima e carnefice, che può entusiasmare solo i traditori e chi ha rinnegato Cristo non solo tre ma innumerevoli volte e senza nemmeno bisogno del canto mattutino del gallo.

L'incognita sull'era Prevost è quindi la seguente: l'antipapato di Bergoglio è durato abbastanza per permettere ad una forma di reazione resistente interna di riorganizzarsi eleggendo un nuovo vero papa, o per annichilirla completamente consegnandola ad un altro antipapa?  La risposta risiede in quella che ho definito la nuova magna quaestio, ovvero la legittimità petrina di Leone XIV, dalla quale dipende anche la forza e l'autorità con la quale il Papa, ma solo se autentico, può influire sui destini del mondo in quanto Vicario di Cristo. 
Ora, se i nemici della Chiesa hanno pensato a suo tempo di poterle infliggere un colpo mortale piazzando un antipapa gnostico e sabotatore al posto del vero papa, proprio il coraggio del suo successore (papa o antipapa che sia) di rivelare la sede impedita di Benedetto XVI e la verità sulla sua legittimità oppure illegittimità, potrebbe essere la migliore e più devastante delle controffensive. Chissà che il nome Leone non volesse richiamare proprio il coraggio che ci vuole per affrontare il più dirompente degli scandali ma anche per dominare la forza purificatrice che deriverebbe dal suo disvelamento. 

Ecco perché non ha alcun senso pratico liquidare Leone come antipapa per mero vizio di forma, come se fossimo in tempi normali e in ballo vi fossero solo rivalità tra nobili stirpi, rivoltandosi contro chi ne ipotizza invece la legittimità come possibilità, non come certezza.  In tempi eccezionali per combattere il male le contromisure non necessariamente potrebbero limitarsi alle regole codificate. Le guerre si sono vinte anche grazie a chi ha decifrato i codici del nemico e a chi ha tirato fuori al momento opportuno l'arma segreta. 
Confesso che mi risulta inspiegabile anche il rifiuto a priori dell'idea che la Chiesa dell'istituzione possa aver cercato, in quest'ottica resistente, di riappropriarsi del proprio potere in questi dodici anni di antipapato attraverso una figura simile a quella dell'"amministratore apostolico" già prevista per altro dal Codice di diritto canonico in ambito diocesano. 

Liquidare Leone come antipapa senza offrirgli il beneficio del dubbio di legittimità, condannandolo in assenza di prove certe che nessuno finora possiede e trattandolo da nemico e non da sorprendente prezioso alleato significa unirsi al delirio di chi sventola l'alibi del Concilio, addirittura tira in ballo la Riforma Gregoriana, la "Chiesa di Satana" e in concreto finisce per non offrire alcuna soluzione in alternativa alla depressione della resa incondizionata. Senza contare che proprio questo atteggiamento facilita l'indulgere della Chiesa nel noto vizio del troncare e sopire, che sarebbe ora di combattere una volta per tutte, soprattutto da parte di voi sacerdoti. Soprattutto voi che sapete.

Forse è più facile invece prendersela con chi da laico ha diseppellito una questione vergognosa come l'impedimento di un Papa che sarebbe stata di competenza del clero denunciare, essendo oltretutto in ogni sacra stanza il proverbiale segreto di Pulcinella. Registriamo infatti come Andrea Cionci, da giornalista d'inchiesta che - oops! - conduce per davvero inchieste, sia diventato il capro espiatorio di ogni contraddizione clericale e venga addirittura additato come colpevole della perdita di quelle anime che per altro erano già sfuggite ai loro pastori da anni e da ben prima di Bergoglio. 

Coraggio, ormai manca solo la verità su Leone XIV perché quella sulla sede impedita di Benedetto XVI e sull'antipapato di Bergoglio è stata portata alla luce con fatiche disumane e attende solo l'ufficializzazione formale. 
L'ipotesi dell'inganno e del tradimento da parte della gerarchia cattolica è sempre da tenere in conto ma se una qualche volontà, divina o terrena, o il semplice destino stessero conducendo inesorabilmente Prevost-Leone verso la pubblica Rivelazione della triade sede impedita - antipapato - propria legittimità, non potremmo e dovremmo assolutamente lasciarlo solo ma supportarlo in ogni modo in questo compito gravoso e pericoloso, soprattutto trovando il modo di sollecitarne attivamente l'azione rivelatrice, visto che i cattolici hanno il diritto-dovere di difendere  attivamente la sede apostolica. 
Se i portatori di verità e giustizia devono comunque essere sempre protetti, anche Prevost diventerebbe allora, che piaccia o no, un Leone da non consegnare.

lunedì 9 giugno 2025

TRENTA GIORNI DA LEONE

 

21 giugno 2024 - Il card. Pietro Parolin inaugura la sede della CCEE a Roma.
 Al suo fianco il futuro Papa Leone XIV Robert Francis Prevost.

Trenta giorni da leone per Prevost. Per l'esattezza trentadue giorni da papa Leone XIV trascorsi senza particolari scossoni come si confà a chi sta ancora metabolizzando la nomina a Romano Pontefice, per giunta avvenuta in una situazione peculiare e drammatica, ossia al termine della notte dei dodici anni di antipapato seguito alla detronizzazione di Benedetto XVI, con in sospeso la non certo trascurabile questione aperta della validità della propria elezione. 

Questione fondamentale che tuttavia è nota solo a chi in Vaticano ha sempre saputo ma facendo finta di non sapere e all'esterno a chi, praticamente a mani nude, ha dovuto faticosamente farsi strada tra occultamenti, ostracismi, cattivi giochi ai quale non dover fare buon viso e lottando contro una cristallina volontà di insabbiamento del più grave scandalo della storia della Chiesa provocato dagli stessi poteri che hanno dichiarato guerra all'Umanità intera. 

Tra gli infiniti meriti che un giorno dovranno essere riconosciuti a Joseph Ratzinger, il principale sarà quello di avere posto la questione ultima della legittimità del Potere e di averci avvertito della facilità con la quale un potere non fondato su un diritto divino è in grado di usurpare governi e uffici per perseguire scopi diversi da quello del bene comune e finanche il Male assoluto.  In questa lezione magistrale di un Papa tra i più grandi della Storia c'è anche l'ammonimento nei confronti di una troppo scontata fiducia in ciò che si autodefinisce democrazia. 

Ecco perché la legittimità petrina di Leone XIV è la nuova Magna Quaestio. 
Nonostante gli indizi a suo favore siano attualmente numerosi - che senso avrebbe infatti ripristinare i segni esteriori del papato se fosse stato eletto l'ennesimo antipapa? - la validità canonica dell'elezione di Leone per mano dei soli cardinali pre-2013 dovrà essere asseverata più prima che poi con un atto di assoluta trasparenza da parte della Santa Sede. Ne va della credibilità non solo del Papa ma di tutta la Chiesa che negli ultimi tempi sembra avere faticosamente iniziato quella "risalita" che un noto cardinale non certamente bergogliano in una recente conferenza ha confermato essere in corso.
Dato che non abbiamo motivo di non credere a sua Eminenza, è comunque realistico ricordare che le forze che vollero Bergoglio non sono affatto sconfitte e tantomeno espulse dal Vaticano. 
Leone in questi primi tempi deve muoversi con circospezione mediando tra chi gli richiede attestati di continuità con Francesco e chi sta operando per facilitargli l'uscita in sicurezza dai dodici anni horribiles. I nemici sono ancora lì dentro e se Leone fosse vero Papa legittimo, dotato di munus petrino e dei poteri che ne derivano, potrebbero non essere così amichevoli nei suoi confronti. 
In tal caso vogliamo tutti far superare a Leone i primi trentatré giorni di regno e far sì che sia lui, con la sua saggezza ed autorevolezza, a disvelare finalmente il mistero dietro l'usurpazione del trono di Pietro ai danni di Joseph Ratzinger.  Non è escluso che il senso profondo del suo munus possa essere proprio questa Rivelazione, questa Apocalisse.

Ma veniamo alle faccende più terrene, alla reazione a Leone XIV da parte del popolo cattolico che è rimasto esposto per anni al fuoco mediatico di copertura dell'antipapato del buon, anzi ottimo papa Francesco. 
Partiamo dalla maggioranza che non immagina che un Papa possa essere soggetto ad un colpo di stato come uno statista qualunque né tantomeno che si possa fare un Papa mentre l'altro non è morto, diversamente da ciò che recita il noto proverbio e per il quale infine antipapa è parola obsoleta da ritrovare solo nei polverosi archivi della Chiesa dei secoli passati. 
Ebbene, questo popolo ha accettato a scatola chiusa colui che gli è stato presentato come "il nuovo Papa" perché era "il nuovo Papa". 
Ovviamente non riuscendo ancora a cogliere alcuna differenza tra il Francesco degli ultimi tre anni, che durante la S. Messa restava seduto in un angolo, scuro in volto e pietosamente "tagliato" nel momento della consacrazione per evitare che si notasse la sua estraneità alla celebrazione, e Leone XIV di nuovo pienamente operativo nelle sue funzioni di celebrante e mostrato ai fedeli senza più censure. 

Decisamente più interessante è la posizione di coloro che, venuti a conoscenza dell'illegittimità di Bergoglio e avendola denunciata attivamente, invece di optare per il dubbio ed invocare la necessaria trasparenza a riguardo, senza alcuna prova o certezza che potrebbe venire solo da un atto ufficiale della Santa Sede, propugnano la teoria dell'illegittimità, diciamo, ereditaria di Leone. Il dubbio è sempre lecito ma qui si cade in un curioso fenomeno. Dopo la morte fisica di Bergoglio, sembra che non si abbia il coraggio di lasciarlo andare per sempre verso il destino che Dio ha previsto per lui, con il rischio che possa sopravvivere come Eggregoro, come forma pensiero ancora in grado di far danni.  Il migliore rimedio esorcistico in questo caso è richiedere a gran voce l'atto di trasparenza a chi di dovere su Leone XIV, per chiudere subito la questione e non trascinarla nuovamente per anni. Gli strumenti per riconoscere gli antipapi stavolta li abbiamo e non abbiamo paura di usarli.

Spenderei ora gli ultimi spiccioli di attenzione verso il mondo tradizionalista, questo blocco settario granitico-farisaico inamovibile dal 1958, per il quale chiunque si affacci dalla loggia delle benedizioni, papa o antipapa, fino a Robert Francis Prevost compreso, non può più essere considerato legittimo per il peccato originale del Concilio Vaticano II. La questione della legittimità canonica e del valido conclave non interessa loro minimamente e del resto essi stessi definiscono la situazione della Chiesa come "senza soluzione", nonostante invochino un papa della tradizione "che li confermi nella fede".  Viene il dubbio che perfino Nostro Signore alla sua seconda venuta verrebbe appellato di modernista, eretico e postconciliare. Essi nel frattempo peccano di superbia accusando di eresia tutti i papi dagli anni '60 in poi.  A che serve questa posizione?  Quale alternativa può mai offrire oltre ad un provvidenziale stallo messicano in forma di assist a tutto ciò che di devastante è stato fatto alla Chiesa, inclusi i dodici anni di Bergoglianesimo, equiparando di fatto il dialogo tra le religioni al culto della Pachamama e l'adamantina teologia di Ratzinger ai meme di Luce, la mascottina dolce? Leggere le analisi di Radio Spada de Foco su Leone XIV è per l'ennesima volta sconfortante.

In questo novero di sedevacantismo senza pudore, ecco l'ultima trovata del "Salvate il soldato Viganò" da parte degli amici e del MAGA cattolico rappresentato dal solito americano che fa finta di non saper parlare l'italiano, i quali lanciano appelli e petizioni (!) a Papa Leone XIV affinché perdoni l'arcivescovo ribelle. 
La posizione di Viganò è prettamente politica, anche riguardo all'ostilità nei confronti del segretario di Stato Parolin per i famosi accordi con la Cina.  
Viganò tuttavia fu scomunicato la scorsa estate per scisma, non solo per non riconoscere l'autorità di Francesco ma l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Non si percepiscono errori in questa decisione, seppur antipapale.
E poi nell'equazione c'è un parametro illogico. Se la scomunica proveniva da un papa postconciliare illegittimo, perché un altro papa postconciliare illegittimo dovrebbe essere in grado di sanare legittimamente la questione? La finiamo di tirare papa Leone XIV per la mozzetta, visto che "tene che ffa' ", come disse l'indimenticabile cardinale di Napoli Sepe alle suorine di clausura?

Quali sarebbero i meriti di Viganò tali da meritare il perdono? Egli ha detto peste e corna di Bergoglio, lo ha definito "non-papa e anti-papa" ma evitando accuratamente di spiegare perché e rifugiandosi anche nelle ultime affermazioni in quella ridicola invalidità per vizio di consenso che serve unicamente ad evitare di dare il dovuto credito al gesto apocalittico di Benedetto XVI, il quale è stato da lui ripetutamente definito eretico e modernista nonché autore del Papato Scomposto, vera e propria interpretazione teologico-teratologica del suo gesto cristico, divulgata senza problemi su siti e social compiacenti. Un conto è denunciare un antipapa, un altro è ergersi a giudici degli ultimi legittimi e perfino santi Vicari di Cristo ai quali si deve solo obbedienza.

Chi meriterebbe senza dubbio la piena riabilitazione e cancellazione della riduzione allo stato laicale sarebbe piuttosto don Fernando Maria Cornet, colpito dalla sanzione per aver scritto un libro documentatissimo sull'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell'elezione di Bergoglio, dove ha rivelato quella faccenda della sparizione del certificato di diaconato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires che potrebbe suffragare ipotesi clamorose sulla evidente astensione forzata di Bergoglio dal celebrare la S. Messa. 

Tornando a Viganò, la sua reazione all'elezione di Leone XIV è stata molto meditata ma non pare scostarsi dal giudizio riservato ai suoi predecessori. L'implacabile livella viganiana così si è espressa il 24 maggio scorso, riportata in un articolo di Aldo Maria Valli

«La conferma di un eretico notorio alla cattedra di San Gallo in Svizzera; la nomina di una suora come segretario di Dicastero in linea con la nomina di una Prefetta da parte di Bergoglio; i ripetuti richiami ai documenti ereticali del predecessore e al Concilio Vaticano II; le dichiarazioni su ecumenismo e sinodalità e infine l’accettazione della frode climatica pongono Robert Francis Prevost in evidente e inquietante continuità con il predecessore, e non saranno certo la stola e la mozzetta a cambiare la realtà».


Come volevasi dimostrare. Perseverare autem diabolicum.


sabato 17 maggio 2025

A PADRE FARE', UNA FILIALE PEER REVIEW



Devo anch'io una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché, nella sua diretta serale di giovedì scorso sul suo canale "Veritatem facientes in Caritate", sono stata chiamata direttamente in causa nella querelle seguita alla pubblicazione il 12 maggio del suo video intitolato "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci". Video che avevo seguito in diretta e che mi aveva lasciata allora molto perplessa, per le ragioni che di seguito esporrò. 

Quel video era stato poi commentato dal conduttore Arturo Ferrara e da Andrea Cionci stesso nel corso della diretta del 14 maggio sul canale YouTube "AltrementiTV" di Ferrara - alla quale partecipavo anch'io - dedicata alla "prima settimana di Leone XIV" . Arturo Ferrara, anch'egli tirato in ballo perché da intervistatore aveva chiesto a Cionci di rispondere alle contestazioni a lui rivolte contenute nel video di padre Giorgio, ha già risposto da parte sua.

In quell'occasione avevo ribadito nei commenti, rispondendo ad un ascoltatore, il disagio provato nei confronti del video del 12 maggio di padre Faré, perché mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata. 
Padre Giorgio si è detto stupito di questo mio commento e mi ha invitata ad intervenire, quindi ora mi sento in dovere di argomentare il mio pensiero ma in modo più approfondito, a maggior ragione dopo aver potuto anche analizzare il testo che in quel video lui lesse e commentò, e che mi ha chiarito ulteriormente le idee.

Accingendomi ad una filiale peer-review della dispensa pubblicata da padre Giorgio Maria Faré, definita studio scientifico, quindi di mia competenza, astenendomi tuttavia dalla valutazione delle sue obiezioni finali sull'interpretazione della "sede vacante", di competenza dei canonisti, dall'analisi del lavoro rilevo immediatamente alcune criticità metodologiche. 

1) La prima, da allerta rossa, è che il MUTAMENTO (o CAMBIAMENTO) DELLA POSIZIONE del dottor. Cionci  viene DATO  PER CERTO fin dai titoli e dalle premesse della dissertazione. Certezza che, nel prosieguo della trattazione, non verrà mai suffragata da prove documentali.



 2) Seconda criticità. Come si legge nel primo paragrafo dello scritto e viene affermato dallo stesso padre Giorgio nella presentazione del relativo video, la MOTIVAZIONE che avrebbe reso addirittura necessario lo studio di un presunto (ma qui dato per certo) "cambiamento di posizione del dott. Cionci" viene fatta derivare da una non meglio specificata esigenza proveniente da un numero imprecisato di persone che hanno contattato padre Giorgio negli ultimi tempi per email, WhatsApp e altro.  Un'esigenza che possiamo quindi supporre essere scaturita, in mancanza di dati ulteriori e certi sulle sue ragioni specifiche, da mere impressioni e sensazioni; non esclusi, ipotizziamo, fraintendimenti, mera vis polemica ed altro ancora. Se non viene dimostrato che l'impressione del lettore circa il cambiamento di posizione di chiunque era corretta, trattasi di una sua pura congettura. 

3) Riguardo a quale precisa POSIZIONE del dottor Cionci si riferisca lo studio, essa viene individuata da padre Faré in un presunto slittamento dalla posizione definita del RIGORE CANONICO (o VIA CANONICA) a quella denominata del "REGGENTE", da lui ascritta al campo della narrativa.  


[Nota] Questo brano del testo di padre Giorgio Maria Faré potrebbe contenere un'insinuazione e cioè che il cambiamento riguardi anche il fondamento della sede impedita di Benedetto XVI, che non è mai stato ripudiato da Andrea Cionci. 

In estrema sintesi, secondo la VIA CANONICA il superamento della crisi derivante dalla sede impedita di Benedetto XVI e dall'antipapato di J.M. Bergoglio, secondo quanto sempre affermato da Andrea Cionci, può avvenire solo attraverso un conclave valido convocato secondo le norme della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis. Per il ripristino di un legittimo pontefice non sono contemplate  soluzioni alternative a quella canonica, come ad esempio attraverso elezioni per acclamazione popolare o mediante investiture divine su base profetica. 

L'ipotesi del REGGENTE si basa sull'osservazione dei segni della progressiva spoliazione di Francesco delle sue prerogative papali da parte di una Chiesa dell'Istituzione che avrebbe contenuto il potere dell'antipapa, arrivando poi, alla sua morte, ad organizzare il ripristino della legittima linea petrina attraverso un conclave ristretto ai soli cardinali di nomina pre-2013, quindi canonicamente valido secondo la UDG. 

Ricordo che la figura della reggenza è ipotetica, soprattutto nella sua eventuale funzione POSITIVA nei confronti del superamento dell'impasse antipapale. Tuttavia se ritorniamo con il pensiero ai tempi del travagliato pontificato di Benedetto XVI dovremmo ricordare come lui stesso si lamentasse di essere sottoposto ad una forma di controllo interno alla Curia che gli lasciava ben poco spazio di manovra e di fatto lo aveva posto in una pre sede impedita. Questo potere che "rimane anche se i papi passano" è plausibilmente sempre esistito e sempre esisterà, come esiste nelle istituzioni laiche della politica.

Tornando alla questione del CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Faré pensa di averla dimostrata considerando la via canonica e quella della reggenza come antitetiche e mutualmente escludentesi. Tuttavia Andrea Cionci non ha mai ripudiato la via canonica in favore di un'adesione fideistica a quella della reggenza, che considera correttamente un'ipotesi ancora da studiare e verificare ed in ogni caso complementare ma subordinata a quella della via canonica. 

4) Altra criticità. Riguardo alla raccolta dei dati che potrebbero dimostrare il presunto cambiamento di posizione, (ma ha ancora senso raccoglierli se il cambiamento viene dato per certo a priori?), non vengono forniti esempi concreti estrapolati da testi o video di Andrea Cionci, né viene proposta un'analisi comparativa tra il pensiero antecedente del dott. Cionci e quello attuale, per individuarne eventuali differenze SIGNIFICATIVE
A questo punto citerò io direttamente Andrea Cionci con le relative fonti. 

Vediamo il "prima", ovvero la posizione precedente alla primavera 2025, indicata da padre Faré come inizio del cambiamento di posizione. Facendo una ricerca sul canale Codice Ratzinger con la parola chiave "via canonica", estraggo questo esempio:

Podcast dell'11 novembre 2024 intitolato "Risposta all'amico Diego Fusaro: cultura per il Logos, ma la strada canonica è vincente" dove si parla della via canonica come unica via percorribile per il ripristino della legittima linea petrina.
Di esempi ve ne sono innumerevoli altri ma il concetto si ritrova ribadito soprattutto nel documento sintetico e riassuntivo "STUDIO CANONICO SULLA SEDE IMPEDITA" scaricabile sempre dal canale Codice Ratzinger, redatto a cura del gruppo di studio di canonisti e latinisti collaboratori di Andrea Cionci, dove si legge, tra l'altro, a pag. 23:
"Dalla morte di Benedetto XVI, a nessun altro che non sia eletto da un valido conclave, con cardinali di nomina legittima (pre 2013), si può trasmettere il munus petrino.".

Vediamo ora il "dopo", il presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE. 

a) Nel primo podcast pubblicato sul suo canale appena dopo l'elezione di Leone XIV  l'8 maggio 2025 dal titolo "Plausibile che Leone XIV sia un vero papa. Graduale svelamento: occhio al cerimoniale",  Andrea Cionci affermava:

"Queste sono solo prime impressioni a caldo. Sono contento perché al 75% credo che la legittima successione petrina sia stata restaurata. 
Finché non arriva una prova inequivocabile del fatto che Leone XIV sia stato eletto dai veri cardinali non posso considerarlo al 100% un legittimo papa. Però credo che se è un legittimo papa gradualmente farà verità con la saggezza di un padre."

Siccome su quel 75% si è creata una tragedia, mi si permetta un po' di pedanteria. Immaginiamo l'elezione del pontefice come il risultato del lancio di una moneta, che può solo dare "Papa (testa)" o "Antipapa (croce)", con entrambe le possibilità date ovviamente al 50%. La moneta è stata lanciata ma noi non sappiamo se sia uscita testa oppure croce. A questo punto possiamo attribuire un valore di probabilità qualsiasi tra 1% e 100% ai due possibili risultati, basandoci su nostri propri criteri di valutazione basati su parametri soggettivi e oggettivi. Qui Andrea Cionci attribuisce a questa valutazione personale un valore percentuale del 75% in favore del risultato "Papa (testa)", che potrebbe variare in più o in meno in seguito al riscontro di ulteriori fattori oggettivi pro o contro la legittimità canonica di Leone XIV.

Torniamo alle fonti.

b) Nell'intervista su Byoblu, Leone XIV ripristina la successione petrina? ripresa sul canale Codice Ratzinger il 9 maggio, Cionci afferma:
"Il mio è un cauto ottimismo sul fatto che Leone XIV possa essere un legittimo pontefice e che sia stato eletto dai 25 cardinali elettori di nomina pre2013 perché appunto ricordiamo che solamente l'elezione da parte dei veri cardinali lo renderebbe un vero papa con il munus Petrino, questa investitura di origine divina che è fondamentale per i cattolici..."

c) Nell'intervista a Stefano di Radio Radio, L'elezione del nuovo papa Leone XIV del 9 maggio, Cionci altresì afferma: 
"...il punto è sempre quello: lui [Leone XIV] il Munus ce l'ha o non ce l'ha: è un vero papa o non è un vero papa e questo dato ve lo può fornire solo lui stesso divulgando i verbali della sua elezione e facendo sapere al mondo che lo hanno votato, come mi auguro, solamente i 25 cardinali aventi diritto.  [...] C'è un dogma che si chiama dell'indefettibilità della Chiesa che dice che la successione petrina sarà perpetua ma questa successione avviene solo in un conclave regolare, non avviene in conclavi inciucio, in pastette in cose che vanno contro la legge perché se si va contro il diritto canonico si va contro il diritto divino."
d) Anche nel podcast Domande ricorrenti sulla legittimità di papa Leone XIV del 9 maggio, dove per altro si osserva l'inizio di una campagna di commenti negativi che lo accusano di avere "cambiato idea", Andrea Cionci riafferma gli stessi concetti, ovvero l'assoluta necessità di trasparenza e di certezza sulla legittimità dell'elezione canonica di Leone XIV.

5) A sostegno della veridicità della tesi del presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Giorgio Faré porta come prova a carico i dati di un florilegio di 16 commenti estratti dal canale "Codice Ratzinger" che proverebbero il sentiment mutato negativamente dei suoi follower. Se si verifica sui rispettivi video, si scopre che i commenti negativi sono comunque in misura minoritaria rispetto a quelli positivi e di sostegno. Una scelta di 16 commenti prelevati a random, tutti negativi, creano l'illusione fallace di un dissenso omogeneo che nella realtà non viene riscontrato. Quella della "rivolta dei follower" è quindi un'altra pura congettura che contribuisce a smontare l'impianto complessivo del "processo a Cionci" che è destinato al non luogo a procedere.

A margine, mi si conceda un'osservazione sui commenti sui social. Non so da quanti anni padre Giorgio pratichi Internet, suppongo non da poco. Io da quasi trent'anni e da quasi venti ho un blog sul quale ho potuto osservare quattro tipologie di commentatori: i fan che ti danno sempre o quasi ragione, i critici che ti danno contro sempre; i troll, ovvero i provocatori puri e semplici e infine i flamers, ovvero coloro che si divertono o sono incaricati di creare ed alimentare una polemica. 
Non attribuirei quindi valore probatorio a questi commenti che nascono anche dietro l'ombrello protettivo dell'anonimato. 

Riguardo ai bias.  Quello "cognitivo" che viene posto all'origine della presunta volontà di Andrea Cionci di far quadrare a tutti i costi l'ipotesi della reggenza in una sorta di trama letteraria (allusioni alla nota accusa di voler emulare Dan Brown?) può essere escluso in quanto la via canonica continua ad essere l'unica via percorribile sostenuta dall'autore.

Piuttosto, riallacciandomi all'esempio del sondaggio sui commenti negativi di cui sopra, e a quello invece plebiscitario in senso positivo riscontrato quando padre Giorgio ha chiesto in diretta se fosse stato "aggressivo" nella "risposta" ad Andrea Cionci, dove tutti hanno risposto "no, padre, assolutamente", io rilevo un bias molto noto nell'ambito della ricerca psicometrica, il bias di desiderabilità sociale, al quale accennerò brevemente - approfittando dell'occasione - perché è diventato assai frequente osservarlo sui social media. 
Se si chiede ai propri follower un giudizio potenzialmente negativo sulla propria persona, essi si sentiranno in obbligo invece di confermare la propria fedeltà rispondendo secondo quello che ritengono il vero desiderio dell'intervistatore, ovvero quello di essere confermato nella propria bontà.  Questo bias, che è lo spauracchio del compilatore serio  di domande per i sondaggi d'opinione, nasce quando la domanda dell'intervistatore non viene posta in modo neutro ma manipolatorio, finendo per orientare la risposta. Chiedere "Cosa ne pensa di questo sindaco?" o "Cosa ne pensa di questo sindaco ladro" significa ottenere una maggioranza di cittadini che considereranno il proprio sindaco un ladro, senza che egli lo sia necessariamente per davvero e senza che essi stessi magari lo pensino. Le implicazioni propagandistiche di un uso malandrino di questo bias sono facilmente immaginabili.

Un'ultimissima nota sul tema delle fonti di un giornalista d'inchiesta (consulenti compresi) e di come non sia sempre possibile pretendere di conoscerne a tutti i costi l'identità. Allo stesso modo in cui gli inquirenti non sono tenuti a rivelare l'identità dei loro informatori, il principio della riservatezza delle fonti opera a protezione di esse e di chi svolge l'inchiesta. Naturalmente la professionalità del giornalista garantisce, attraverso il suo nome e la sua reputazione, la serietà della conduzione dell'inchiesta.

Concludendo, tornando allo studio di padre Giorgio Maria Faré, alla luce dei dati documentali qui riportati sul prima e dopo il presunto cambiamento di posizione del dottor Cionci - dati che respingono l'ipotesi del cambiamento (ovvero il passaggio dalla via canonica alla via letteraria) e viste le problematicità di tipo metodologico riscontrate nello studio in oggetto, si può affermare che questo cambiamento non sussiste, non essendo mai avvenuto.

Con i miei più rispettosi ossequi a padre Farè, che cordialmente saluto.


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